Viniyoga

Yogi intenti nella pratica di tapas – collezione del British Museum

तस्य भूमिषु विनियोगः
tasya bhūmiṣu viniyogaḥ
di questo, secondo i livelli la sua giusta applicazione

yoga SŪTRA  iii, 6

Il termine Viniyoga compare nel sesto sūtra del terzo capitolo degli Yoga Sūtra di Patañjali, il Vibhūtipāda. In questo capitolo, dopo aver descritto i meccanismi del processo meditativo spiegando i tre stadi dello yoga interno (dhāraṇā, dhyāna e samādhi), Patañjali ci dice che quando questi tre stadi sono simultaneamente applicati su un unico oggetto (sabīja), il praticante raggiunge il saṃyama, uno stato di totale controllo ed integrazione ed è grazie alla conquista di questo stato che sorge la conoscenza profonda e veritiera della realtà, la gnosi. Nel sesto sūtra, Patañjali spiega come l’applicazione del saṃyama sia progressiva, debba cioè procedere per livelli, per fasi. Il processo meditativo, dunque, deve procedere gradualmente: “Un arciere può colpire bersagli piccoli solo dopo dopo aver imparato a colpire quelli più grandi”, dice Vijñānabhikṣu e si possono salire le scale solo gradino dopo gradino. In breve, la comprensione yogica si raggiunge poco per volta”.1

Per Śrī T. Kṛṣṇamācārya le indicazioni di prudenza e gradualità espresse in questo sūtra non sono riferite solo agli stadi dello yoga interno, ma a tutti gli otto āṅga dell’aṣṭāṅga yoga di Patañjali2. L’approccio deve dunque essere graduale sia in āsana che nel prāṇāyāma ed anche i comportamenti consigliati verso se stessi e l’esterno, gli yama ed i niyama, vanno applicati con gradualità, nel rispetto delle condizioni di vita e delle caratteristiche non solo fisiche (sesso, età, salute etc.) ma anche psicologiche, caratteriali del praticante nel rispetto della sua sensibilità, cultura, credo religioso e delle sue aspirazioni.

Durante la sua lunga vita Śrī T. Kṛṣṇamācārya ha modificato ed integrato il suo modo di insegnare lo yoga ed il termine Viniyoga indica una modalità pedagogica che rendere accessibili alcuni benefici di tecniche nate in contesti molto diversi, generalmente utilizzate con modalità differenti per scopi spirituali ed escatologici alle persone del nostro tempo.

La pedagogia del Viniyoga è stata poi sviluppata dagli studenti di Śrī T. Kṛṣṇamācārya, in particolare da T. K. V. Desikachar, suo figlio ed allievo, che così definisce lo yoga: “Lo spirito dello yoga consiste nel partire dal punto esatto in cui ci si trova. Poiché ciascuno è differente e cambia continuamente non ci possono essere, nella pratica dello yoga, punti di partenza uguali per tutti e risposte stereotipate”.

1. Edwin F. Bryant “Gli Yoga Sūtra di Patañjali” p. 278

2. L’aṣṭāṅga yoga di Patañjali descrive 8 ausili progressivi che conducono il praticante allo yoga, inteso come scopo, definito dall’autore nel secondo sūtra del primo capitolo come “cittavṛttinirodhaḥ”, cioè cessazione dei turbinii della mente. i primi 4 ausili (yama, niyama, āsana, prāṇāyāma, pratyāhāra) sono definiti “esterni”, perchè presuppongono un contatto del praticante col mondo esterno, gli ultimi 3 (dhāraṇā, dhyāna e samādhi) sono chiamati “interni”, perché lapratica si interiorizza e dimentica il mondo esterno.