EPPURE…

Mondo di sofferenza:
eppure i ciliegi
sono in fiore.

kobayashi issa

Tutto quello che riesco a fare in questo incredibile silenzio è osservare. 

In verità, quando ci si ferma, come nell’āsana in statica, si amplificano le tensioni, emergono rumorosi i fastidi e l’inadeguatezza, vacilla l’equilibrio, il respiro si fa corto, pulsa il cuore rumoroso, i pensieri corrono veloci e li vedi scappare da cosa, chi lo sa? Verso dove? Mah. 

Śrī T. Kṛṣṇamāchārya consigliava una pratica dinamica prima dello stare in āsana, perchè ci si deve arrivare piano al silenzio, che per molti è frastuono insopportabile. Eppure tutto il senso della pratica sta nell’evento di starci, di rimanere immobili e lasciare che l’āsana si svolga: non si fa nulla, ci si lascia fare, si resta nell’istante, assente la volontà, lo scopo, il risultato, si è incapaci e l’āsana è solo una forma che si esprime, solo un accidente insignificante, apparentemente inutile, totalmente senza scopo e, nell’apparente inutilità, l’unica cosa che ci compete è l’ascolto.

Per me così è l’esistere, apparentemente un accidente inutile, totalmente gratuito, senza scopo, qualcosa che accade e che siamo chiamati ad esperire, a sentire, a vivere senza un perchè, senza un tornaconto, senza risultato. Come il gioco per i bambini, fatto per il gusto di giocare, che mai vuole arrivare da qualche parte e sempre è esattamente lì, dov’è.

Questo strano periodo, dove tutto è immobile, dove i riferimenti abituali svaniscono e ci si ritrova impediti da qualcosa che ci sovrasta, che rende il nostro ego impotente, la nostra volontà inefficace che fa rimbalzare ed amplificare bisogni, inadeguatezze, fragilità, disequilibri, tensioni è un āsana in statica che richiede ascolto, perchè nella statica, nell’immobilità e nel silenzio si sente amplificato solo ciò che è, non c’è niente di nuovo, solo che nella confusione e nel movimento non lo si percepiva, è un puro esistere.

L’esistere non conosce giusto o sbagliato, bene o male. L’esistere è. Quando ci si immerge, appaiono evidenti le strategie che abitualmente si mettono in atto per non ascoltare, non vedere: ci si schiera, si prende posizione, si parteggia per un ideale, si distingue l’odio dall’amore, si aderisce ad un immagine di sé, immagine utile quando ci si muove nel mondo, ma fardello nella statica. Fermarsi è un po’ morire, spaventa il frastuono interiore nel silenzio, turba l’assenza di categorie, il sentirsi niente. Eppure…

Pubblicato da sunyapala

"Esiste una stanchezza dell'intelligenza astratta, che è la più spaventosa delle stanchezze. Non pesa come la stanchezza del corpo, né inquieta come la stanchezza della conoscenza emotiva. È un peso della coscienza del Mondo, un non poter respirare con l'Anima." F. Pessoa

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